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LUCIO BATTISTI | LA BATTERIA, IL CONTRABBASSO, ECCETERA Discografia commentata di Luciano Ceri

Aggiornamento: 17 apr 2022


Archiviata l'esperienza progressive di Anima latina, Battisti torna alla forma-canzone dando questa volta sfogo, fin dal titolo più che esplicito, alla sua grande passione musicale: la ritmica. Preceduto da un viaggio che aveva avuto come meta gli Stati Uniti d'America, Lucio Battisti, la batteria, il contrabbasso, eccetera chiariva in maniera inequivocabile cosa ci si potesse aspettare da questo disco, anche se il titolo conteneva soltanto elementi gerarchici e non era da intendersi come limitante nei confronti degli altri strumenti. Era solo che nella costruzione di quasi tutte le composizioni si prestava soprattutto attenzione all'impalcatura ritmica, che spesso nelle canzoni poi si traduceva in un riff di basso sul quale la batteria ricamava controtempi e figure ritmiche di appoggio.

Singolare che tutto questo avvenisse nell'anno di esplosione della disco-music, che proprio in una precisa serie di accenti ritmici fondava gli elementi della sua persuasione musicale; singolare, certo, ma non era una novità che le antenne di Battisti fossero sempre ben sintonizzate su quello che stava succedendo nel mondo della musica, magari anche su quello che ancora doveva accadere.

Per dare corpo al suo progetto ritmico Battisti chiama due nuovi collaboratori, Hugh Bullen al basso e Walter Calloni alla batteria, ed insieme a loro tornano in studio Claudio Pascoli al sax e Claudio Maioli alle tastiere, reduci dall'avventura di Anima latina. C'è poi un altro nuovo elemento, Ivan Graziani, chitarrista e cantautore, da poco entrato a far parte della scuderia della Numero Uno, mentre Battisti si ritaglia i consueti spazi al pianoforte e alla chitarra, firmando gli arrangiamenti e la produzione insieme a Mogol e assumendo più che in altre occasioni il controllo dell'intera operazione.

I risultati però non sono sempre convincenti, anche se il disco ottiene un grandissimo successo commerciale e Battisti conquista in breve tempo la vetta della classifica degli album e dei singoli. Ancora tu, presente anche in un piccolo e bellissimo frammento acustico, era il vero manifesto sonoro dell'album, e aveva dalla sua parte un felice connubio tra melodia, figura ritmica e testo di Mogol, il quale riusciva a trasmettere in pieno il ritmo del dialogo tra i due ex-innamorati, mentre meno felice e un po' appiattito sulla routine di versi scritti senza particolare ispirazione appare il lavoro di Mogol sulle altri canzoni.

Il veliero si apriva con una lunga introduzione strumentale dove un basso elettrico in primissimo piano giocava la sua figura ritmica con la batteria e due chitarre elettriche, e passavano ben 2 minuti e 24 secondi prima dell'arrivo della voce, poi affiancata da un divertente mandolino suonato da Ivan Graziani. Ed era proprio quell'ipnotico incedere della ritmica, a far risultare vincente tutta la canzone, una ritmica sempre martellante ed uguale a se stessa, che andava ben oltre le atmosfere della disco-music e si rivelava antesignana delle tendenze dance ed house degli anni novanta.

Per Io ti venderei Battisti tornava a lavorare con alcuni dei musicisti che più a lungo degli altri lo avevano seguito, vale a dire Gianni Dall'Aglio alla batteria, Bob Callero al basso, Gabriele Lorenzi alla tastiera elettronica di moda in quel momento, l'Eminent, ed Alberto Radius alla chitarra elettrica, praticamente quasi tutti gli elementi che formavano il Volo, e questo ci autorizza a pensare che la canzone in realtà proviene da sedute di registrazione precedenti più o meno contemporanee all'incisione di Anima latina, da cui Io ti venderei fu evidentemente esclusa perché troppo diversa dalle atmosfere musicali di quel disco.

Interrompendo poi la consuetudine di versionare se stesso Battisti scelse, un po' a sorpresa, di reinterpretare un pezzo firmato da Mogol e Carlo Donida, che era stato lanciato nel 1969 da Marisa Sannia, La compagnia. La cosa che più lasciava perplessi, oltre alla legittima curiosità sui motivi che avevano portato alla scelta di questo brano, era il fatto che sembrava di trovarsi di fronte ad un provino, con la voce di Battisti che nell'inciso si lasciava andare ad un falsetto perlomeno discutibile e con il sound generale della canzone che rimandava proprio ad una prova per mettere a punto i suoni e la sequenza degli accordi del pezzo, che tra l'altro si situava molto al di fuori della cifra musicale dell'intero disco.


Respirando confermava invece l'anima latina dell'ispirazione di Battisti, con un ritornello molto ammiccante, facile e sapientemente costruito ma decisamente non molto originale, mentre Un uomo che ti ama, No dottore e Dove arriva quel cespuglio faticavano parecchio a proporsi come momenti convincenti, e specialmente le prime due sembravano, come già rilevato per La compagnia, due provini piuttosto che due versioni definitive.


(Tratto da "Pensieri e parole" di Luciano Ceri, 1996)




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