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LUCIO BATTISTI | GREG WALSH: "DON GIOVANNI IL DISCO PIÙ BELLO".


"Don Giovanni per me è il disco più bello che abbiamo fatto insieme. Quando abbiamo cominciato a parlarne, la strumentazione elettronica era già molto cresciuta tecnologicamente, e finalmente nel 1986 non era necessario essere dei periti elettronici per far funzionare tutti quegli strumenti; ma la cosa più importante era che si poteva cominciare a fare degli interfaccia con gli strumenti veri.


Quando Lucio mi chiamò per fare il nuovo disco mi chiese anche quali musicisti intendevo utilizzare, ed io pensai subito a Robyn Smith, un tastierista mio grande amico, con il quale avevo lavorato in molte occasioni. Battisti all'inizio voleva fare un disco tutto elettronico, perché voleva continuare sulla strada di E già e di Immersione, si era reso conto di poter realizzare un disco praticamente senza musicisti. Però aveva anche considerato i limiti di quella scelta, e visto che su Don Giovanni si poteva avere già, con la possibilità dell'interfaccia, una mediazione attiva tra i musicisti e gli strumenti elettronici, poteva essere utile avere degli strumentisti, magari soltanto dei tastieristi, e Robyn Smith era perfetto per questo ruolo.


I provini che Lucio aveva fatto erano molto semplici, con le tastiere e la batteria elettronica, in un modo molto diverso da come sono state poi realizzate le canzoni, al contrario di quanto era successo con E già, dove la differenza tra i provini e il disco era veramente molto lieve, almeno per la forma delle canzoni. Tutti i brani hanno poi subito delle modificazioni nel corso della realizzazione, perché Robyn ed io abbiamo sviluppato molto di più la parte musicale, e con Lucio abbiamo cambiato certe volte la musica per stare dietro ai testi o viceversa. Abbiamo fatto la pre-produzione a casa mia, nel mio studio che si chiama Cobwebs, e poi il disco vero e proprio lo abbiamo registrato negli Eel Pie Studios, gli studi di Pete Townshend.


Robyn ed io abbiamo lavorato moltissimo sugli arrangiamenti, con grande affiatamento, io per quanto riguarda gli aspetti ritmici, lui più su quelli armonici. I musicisti che compaiono nel disco sono stati utilizzati più che altro per abbellire, non avevamo chiesto loro dei veri e propri contributi creativi. Forse Battisti per questo disco era un po' meno coinvolto sulle scelte degli arrangiamenti, ma noi due, Robyn ed io, non abbiamo mai forzato Lucio in questo senso. Alcune cose gli piacevano di più, altre meno e quello che piaceva di meno abbiamo provato a cambiarlo, fino a trovare un punto d'incontro. Rimasero tuttavia un paio di canzoni di questo disco che non sono mai state finite perché non siamo riusciti a trovare un punto d'accordo sulle scelte da fare per realizzarle. Registrammo anche molte parti di archi, scritte da Robyn, che poi non abbiamo utilizzato, perché a Lucio non piacevano molto. Il fatto è che Don Giovanni è un disco che con l'intervento di troppi musicisti poteva perdere completamente la direzione verso la quale tendevamo, anche perché è comunque una prosecuzione del lavoro iniziato con E già.


La grande diversità di Don Giovanni è costituita dai testi di Panella. Quando Battisti mi chiamò per fare il disco, mi disse subito che i testi erano incredibili, ed io approfittai del fatto di avere Lucio vicino a me per farmeli un po' spiegare, ed in effetti erano testi dove magari per spiegare una canzone ci voleva un giorno intero. Sono un po' come la musica di E già, sono una cosa che il pubblico italiano non ha mai accettato fino in fondo. Era molto facile dire che Battisti era fuori di testa o che cantava cose che non avevano senso piuttosto che cercare di capire quello che dicevano. E anche la struttura delle canzoni iniziava ad essere diversa, con l'inciso che non arrivava dopo la strofa o viceversa. Le canzoni cominciavano insomma a non avere una forma musicale tradizionale, ma una nuova forma che poteva sopportare bene un testo così diverso, così nuovo. Disse una cosa bellissima durante la lavorazione di Don Giovanni, e me la ripeté anche in altre occasioni, proprio per spiegarmi questa nuova forma delle sue composizioni: "Se devo ripetere una parte della canzone vuol dire che quella parte non è sufficientemente forte sin dall'inizio, Se ripeto un inciso tre volte, vuol dire che è un inciso debole, che non ha la forza sufficiente per imporsi con un solo ascolto".


I testi di Panella e la musica di Battisti sono come un viaggio, dall'inizio della prima canzone fino alla fine dell'ultima. Se si prova ad entrare in questo mondo ci si accorge che è veramente un mondo favoloso. Ma, come ripeto, era molto più facile dire: "È matto, non ha senso quello che dice" e lasciar perdere tutto. Per me Don Giovanni è veramente un capolavoro, e adesso forse comincia ad essere capito e apprezzato per quello che vale, perché molti musicisti e molti fonici parlano ora di questo disco e delle innovazioni che ha portato, e sono molto più propensi a credere che i testi non siano solo cose senza senso. Da quel momento in poi Lucio ha cominciato una nuova strada, un nuovo cammino dentro la sua musica. Con E già è come se avesse meso un piede dentro l'acqua e avesse cominciato a piacergli. Con Don Giovanni invece fa un'immersione totale nella sua nuova filosofia musicale. Da questo disco in poi Lucio decise che praticamente non sarebbe entrato più nel merito delle scelte espressive dei musicisti, nel senso che non andava mai dal tastierista a dirgli di suonare in un particolare modo. Diceva semplicemente: "Non mi piace", senza dare un'indicazione su come doveva essere fatto, secondo lui, quel passaggio armonico o quella scelta di sonorità. E questo fatto ogni tanto creava un po' di tensione, e non solo a me ma anche a tutti gli altri intorno. Ma quando poi gli chiedevamo la ragione per cui non era soddisfatto di quello che avevamo fatto, lui se ne usciva sempre con una spiegazione inappuntabile, che giustificava totalmente quello che aveva detto e alla fine non potevamo che riconoscere che aveva ragione. Insomma c'erano sempre dei motivi molto precisi ditero alle sue scelte o dietro ai suoi rifiuti, non erano dei ragionamenti campati in aria, erano i ragionamenti di un uomo molto intelligente e di un musicista molto in gamba.


Certe volte, ad esempio, ero particolarmente contento di come stava venendo una canzone, perché la musica mi sembrava giusta, forte, magari perché mi ricordava il sound di certe cose di successo e mi sembrava che potesse funzionare. E appena facevo questa considerazione lui arrivava e diceva: "No, non mi piace". Ed io: "Ma perché non ti piace?". Era chiaro che io non potevo dirgli che mi piaceva quel sound perché mi ricordava qualcos'altro, perché questo avrebbe tagliato le gambe a qualsiasi altro mio ragionamento. Ma lui era molto attento, e se sentiva che il sound cominciava ad avvicinarsi troppo a quello di un'altra produzione fermava completamente tutto, e ricominciava da capo. Perché doveva essere il suo disco, con la sua impronta. Ed è per questo che non c'è un disco come Don Giovanni, o come E già, o come La sposa occidentale mentre ci sono tanti dischi come Una donna per amico. Ovviamente era un uomo che cercava ispirazione anche dalla musica che gli girava intorno, e certe volte l'invenzione musicale non era tutta sua: aveva una grande capacità di cogliere al volo una nuova sonorità, un nuovo ritmo, una nuova tendenza musicale prima di tanti altri e questo gli permetteva di anticipare il futuro di certe situazioni musicali, di arrivarci prima degli altri. Ma Don Giovanni in particolare è proprio un disco unico, ed è difficile oggi riuscire a realizzare un disco unico, completamente diverso da tutto il resto.


Con Don Giovanni cominciò a cambiare anche l'aspetto grafico delle copertine, non più una sua fotografia ma i suoi disegni, che hanno anche loro la propria ragione d'essere, nel senso che non sono assolutamente casuali. C'è una grande riflessione anche dietro un disegno così. Devo dire che con Battisti non succedeva mai nulla per caso. Non c'è mai stata una nota, in tuti i dischi che io ho fatto con lui, che sia stata messa a caso: tutte le note che sono lì dentro ci sono per una ragione ben precisa".


(Tratto da "Pensieri e parole, una discografia commentata" di Luciano Ceri)

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