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LA MIA STRADA CON LUCIO | Geoff Westley


Lucio Battisti: una voce particolarissima.

Certamente. Lucio Battisti non aveva una voce "classica", nel senso che non aderiva alla tradizione melodica tipicamente italiana. Oggi però siamo tutti d'accordo sul fatto che è stato uno dei più grandi interpreti di sempre, oltre che un grande cantante.

Non ha mai avuto l'abitudine, tutta italiana, appunto, di intonare la prima strofa di un pezzo a un'ottava più bassa per poi risalire ed esplodere in quella successiva, un'abitudine che ho sempre trovato un po' stucchevole. Faceva virtù della sua estensione vocale, in questo anche consigliato da Mogol: "non serve aggredire l'ascoltatore, è molto meglio portarlo verso di te, tenendo il canto in maniera costante". Così le persone si avvicinavano meglio, approfondivano pezzi che avevano tante volte un groove vicino al R&B, anche quando erano molto melodici: Perché no, Prendila così, per esempio. La sua voce sembrava adatta a qualsiasi cosa.

Come vi siete conosciuti?

Una donna per amico è stato il secondo album che ho prodotto e arrangiato. Negli anni Settanta avevo partecipato a qualche tour dei Bee Gees, avevo fatto il turnista e avevo voglia di cambiare, di dedicarmi alla produzione. Finì che il mio discografico dell'epoca mi propose un incontro con Lucio: non conoscevo nulla della musica italiana, allora, men che meno dell'ambiente cantautorale.

L'incontro, a Londra, fu sobrio, Battisti parlava poco ma era molto gentile, decidemmo di andare avanti e la nostra prima preoccupazione fu trovare uno studio in un luogo abbastanza tranquillo, in campagna. Lui prese un appartamento a Hyde Park, noi invece vivevamo vicino allo studio. Arrivava nel pomeriggio, ascoltava il lavoro sulle canzoni, la prima che elaborammo fu Perché no, poi tornava a Londra, a cenare con la moglie. C'era un bel clima, c'era fiducia nei nostri confronti. Quando arrivo il momento dei cori, chiamammmo anche il mio amico Frank Musker, che mi spiegò quanto fosse importante Lucio in Italia: "lo considerano un incrocio fra Bob Dylan e John Lennon"... Io cascai dalle nuvole, non sapevo del suo successo: in quei tre mesi Lucio non mi aveva detto quasi nulla di sé né si era vantato del suo successo. Un comportamento che non ho ritrovato in nessun altro dei suoi colleghi.


La sua leggendaria riservatezza.

Si, ma non solo: a Battisti interessava solo una cosa: la musica. Il resto passava, inevitabilmente, in secondo piano. Non sentiva il bisogno di autopromuoversi. È stato il migliore artista con cui lavorare, uno che non mi suggeriva direttamente gli accordi o i fraseggi da scegliere, ma mi diceva semplicemente se in un pezzo mancava il sentimento necessario.


Il sentimento vince sulla tecnica, quindi.

Da Lucio ho imparato tantissimo. In Inghilterra siamo troppo legati alla bravura tecnica fine a se stessa: suonare mille note al minuto, però, non conta per niente, se non c'è la musica. Il musicista perfetto è quello che si mette al servizio della musica, fuori dai virtuosismi inutili.

Una lezione di pop, insomma.

Proprio così. I provini dei brani dei due album lo confermano, nella loro innocenza. Una donna per amico mi ha gratificato parecchio: i giornalisti si interessavano anche alla produzione, agli strumenti coinvolti, in maniera diversa da quanto accade nel Regno Unito. È stata una grande soddisfazione.


Come è cambiato il lavoro con Lucio in Una giornata uggiosa?

Innanzi tutto, devo dire che non ho percepito la tensione che, secondo alcuni, ci sarebbe stata in quel momento con Mogol, poco prima che si "lasciassero". I provini del nuovo disco suonavano più R&B, l'obbiettivo, di cui avevamo discusso, era quello di dare al nuovo album più grinta. In uno studio vicino a Wembley, che oggi non c'è più, abbiamo cominciato a registrare e il primo batterista non mi convinceva: ancora una volta, Battisti mi ha concesso la sua fiducia: è arrivato Stuart Elliot e abbiamo trovato, ancora una volta, il giusto equilibrio fra tecnica e cuore.

Cambiare stile, comunque, era proprio la nostra intenzione: dai ritmi siamo andati avanti, senza dimenticare l'appiglio melodico che in Battisti è sempre stato presente.

Sarebbe possibile per lei produrre album come questi, oggi?

Non credo: Oggi manca la concentrazione necessaria, il tempo, anche la strumentazione per lavorare davvero bene. L'uso eccessivo del computer ha rovinato il processo creativo e ha tolto il raccoglimento che una volta si provava in sala di registrazione.


C'è un pezzo di cui lei è particolarmente orgoglioso, fra quelli di Una donna per amico e Una giornata uggiosa?

La seconda facciata di Una giornata uggiosa: la trovo, ancora oggi, stupefacente. Fra Questo amore e Perché non sei una mela ci sono ritmi e incastri melodici che si amalgamano così bene da essere irripetibili, per esempio, durante un concerto. È quella magia della sala di incisione che oggi fatico a ritrovare e che, grazie a Lucio Battisti, ho cominciato a scoprire quasi quarant'anni fa. Gliene sono molto riconoscente.


(Geoff Westley - da Lucio Battisti Masters, 2017)

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