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BATTISTI - PANELLA | HEGEL: L'ULTIMO RITRATTO (di Alexandre Ciarla)

Aggiornamento: 18 apr 2022


Sorprendentemente l'ultimo disco di Lucio Battisti riporta in copertina una "E" piuttosto che una "H", come sarebbe stato più ovvio essendo questa la prima lettera del titolo della canzone omonima dell'album "Hegel", del 1994. L'aspetto più evidente, che distingue questa copertina da tutte quelle che l'hanno preceduta, è che per la prima volta non abbiamo a che fare con una scritta o un disegno tracciati a mano libera ma con un carattere tipografico battuto a macchina o impresso dalla stampante di un computer. L'aspetto seriale di questa lettera che sembra caduta dalla tabella di un oculista suggerisce l'intenzione di evocare un cambiamento.


La ragione d'essere del carattere tipografico è la sua reperibilità. Mentre gli schizzi delle copertine precedenti appaiono come il frutto di un unico gesto creativo, in questo caso è presente un elemento di fredda precisione che evoca la riproducibilità tecnica in un totale contrasto con l'unicità dell'esecuzione. Il tratto di matita che disegnò le copertine dei bianchi come uniche ed irreperibili si è fissato, congelatosi nella forma del carattere tipografico del libro di scuola.

Dopo cinque dischi le copertine cominciavano forse ad assomigliare un po' troppo a loro stesse, divenendo progressivamente sempre più semplici fino a svuotarsi, come in questo caso, del tocco dell'artista. La differenza tra l'esecuzione delle prime tre illustrazioni e le ultime due è piuttosto significativa. Per la prima volta in "Cosa succederà alla ragazza" l'illustratore ha fatto a meno di elementi figurativi. Dopo l'attaccapanni, la credenza e la cornice, lo stile delle copertine sembrava aver intrapreso un nuovo corso a noi non ancora intelligibile forse solo perché mancante di un terzo capitolo. Abbiamo già osservato, ad esempio come la lettera "E" sia proprio quella mancante per completare la sigla C.S.A.R. nel nome di "Cesar".


Un'ipotesi abbastanza accreditata tra gli appassionati evidenzia piuttosto la possibilità di un eventuale scambio di lettere di tipo enigmistico tra il nome Hegel e la italianizzazione di Eghel. Un passaggio anagrammatico che privilegia l'apparenza fonetica a discapito della sostanza del senso, un modo come un altro per giocare con l'ignoranza del pubblico.

Dunque, la quinta lettera dell'alfabeto che appare sulla copertina del quinto album dell'era Battisti-Panella, avrebbe usurpato il posto spettante di diritto alla lettera iniziale del titolo. Come nell'album precedente, in effetti, l'osservatore si aspetta che l'illustrazione rappresenti il titolo del disco "Hegel".

Non è forse "Estetica" un titolo più appropriato per esprimere il genere di tematiche alle quali ci rimanda la copertina? D'altra parte se "L'apparenza" era il titolo del secondo capitolo della prima ipotetica trilogia, "Estetica" non sarebbe forse un titolo più adatto per questo ulteriore secondo capitolo? Entrambi i termini appartengo al linguaggio della corrente filosofica di cui proprio Georg Wilhelm Friedrich Hegel fu il maggiore esponente. Non è, infatti, da escludere l'eventualità che la lettera "E" possa in realtà riferirsi al titolo della penultima canzone dell'album.


Come risulta dall'analisi che abbiamo proposto nell'introduzione, il testo di Estetica sembra voler sancire esplicitamente i contenuti espressi in maniera metaforica della copertina. La fine del sodalizio artistico tra l'autore e il compositore avrebbe delle motivazioni, di tipo appunto estetico, espresse simbolicamente dall'irrigidimento del gesto artistico: come il passaggio dal disegnare a mano libera al battere una lettera sul tasto di una macchina da scrivere.

Mentre è opinione comune che Lucio Battisti non avesse nessuna intenzione di porre termine alla collaborazione, nel 2000 Panella rispose con queste parole a chi gli domandò il perché della fine del sodalizio da lui voluta: "...perché mi stancai. Mi pareva che cinque dischi fossero già troppi. Si stava diventando troppo produttivi e continui. Io non amo molto la continuità. Se mi dessero un miliardo per posare nudo lo accetterei, perché mi metterebbe a rischio e non me ne importerebbe nulla. Perfino Fegiz cominciava a parlarne bene, si diventava consueti. [...] perché stava diventando consueta, stava prendendo piede, come si dice. [...] Di quel passo avremmo fatto un disco ogni due anni per sempre. Era tutto così ripetitivo. Due anni e tutto si ripeteva, solite solfe, solito balletto, tutte finzioni da parte di tutti, il pubblico finto". Lo stile tipografico della copertina, quasi iconico (il solito minimalismo del segno nero su fondo bianco), illustra perfettamente questa ripetibilità e riproducibilità del gesto e dell'opera artistica.


Riteniamo, dunque, che il titolo più opportuno per il quinto album del sodalizio sarebbe stato senz'altro Estetica, forse il brano dal testo più significativo della raccolta. Ma che cosa è l'Estetica? Letteralmente è la dottrina della conoscenza sensibile, la dottrina del bello (naturale o artistico), della sua esperienza e quindi della produzione dell'arte. Una disciplina filosofica altrimenti nota come filosofia dell'arte. Ma nel linguaggio comune l'estetica è l'aspetto, i caratteri esterni degli oggetti suscettibili di essere considerati in riferimento alla nozione di Bellezza. In tal senso l'Estetica è la teoria dell'apparenza.

Sorprendentemente i testi iniziali dei rispettivi album "L'apparenza" e "Hegel" sono molto simili. In Almeno l'inizio del '94, come in A portata di mano del '88, si fa riferimento alla metafora architettonica della coscienza come una casa varcata la porta della quale gli stati d'animo sono tutti a portata di mano come degli oggetti domestici. Elementi di arredo quali attaccapanni, credenze e cornici. Sei anni dopo, la metafora si precisa ulteriormente nell'immagine di una stanza dove sono apparecchiati i tratti del nostro carattere.

Il primo testo che andremo a leggere descrive un'incursione della stanza del carattere dove il personaggio femminile (forse l'ascoltatrice) accompagnata dalla voce narrante (forse il cantante) scopre il conflitto fra le forze che regolano l'animo umano: ragione, volontà e sentimento (Logos, Ethos e Pathos, secondo il pensiero greco). L'originalità dell'interpretazione che Panella dà di questo triangolo è la rivalutazione dell'Estetica. La Bellezza sarebbe l'unico vero movente dell'anima: il primato dell'Estetica sull'Etica, dell'Aisthesis (della sensazione) sull'Ethos, il carattere.


Tenuto conto di questa metafora del carattere proviamo a proporre una nuova interpretazione della copertina, facendo leva proprio sull'ambiguità di questa parola che indica sia il segno distintivo (l'insieme delle qualità proprie che contraddistinguono una persona), che la forma delle lettere d'un alfabeto (l'apparenza dei segni di una scrittura): il "carattere" adagiato nello spazio bianco della copertina (la lettera "E" di Estetica, quanto una eventuale "H" di Hegel) si ricollegherebbe, dunque, mediante la metafora architettonica alle precedenti copertine nelle quali comparivano attaccapanni, credenze, cornici e scritte sui muri: "la stanza del carattere" è nella prima canzone dell'album una metafora dell'animo umano. Il collegamento sorge spontaneo tanto più che nella metrica italiana, la parola "stanza" è un altro nome per indicare la strofa di una canzone, o anche il comportamento a se stante.


La Fenomenologia dello Spirito di Hegel sarebbe dunque solo un pretesto, uno stratagemma poetico e burlesco per alludere ad una presunta scienza dello "spirito" inteso però come disposizione dell'animo. Ma anche come arguzia e ironia. La metafora etilica dell'alambicco contenuta nella canzone Estetica consente a Panella di affrontare il tema della produzione del puro spirito, nel senso del prodotto artistico, intrecciandolo con l'argomento della prima canzone. Unendo così metacanzone e canzone sui sentimenti. La lettera "E" della copertina sta forse ad indicare l'Etilica come scienza metaforica della leggerezza e della volatilità dello spirito come carattere (il complesso delle facoltà psichiche dell'uomo) ma anche come soluzione alcolica (in riferimento alla volatilità della canzone)? Questa è la domanda alla quale tenteremo di rispondere entrando nel dettaglio di ogni verso.


Per quanto concerne invece l'analisi di questa immagine, così come essa è stata concepita da Lucio Battisti, è bene considerare che la serialità e il minimalismo delle copertine dei bianchi, l'una simile all'altra, producono un effetto iconico per cui, inserita alla fine della sequenza delle immagini precedenti, la lettera presente in questa rappresentazione tende a perdere il suo statuto di segno diventando solo un carattere, quasi un simbolo.

L'immagine, senz'altro, si presenta all'osservatore edotto in maniera diversa rispetto a chi non fosse a conoscenza delle precedenti illustrazioni: ovvero non solo come una piattissima lettera maiuscola su sfondo bianco ma, attraverso un processo di essenzializzazione, come un volume sospeso in uno spazio indefinito che non è più soltanto la superfice del cartoncino della copertina del cd quanto la dimensione bianca e astratta nella quale gravitavano sia la credenza che la cornice degli album precedenti.


Ci si potrebbe ancora domandare quale sarebbe stata la differenza se in copertina anziché la "E" di Estetica vi fosse stata una bella "H" di Hegel (come sarebbe stato forse più logico). Ciò avrebbe senz'altro generato l'ennesimo e ultimo gioco di parole scaturito dall'uso familiare che in alcune frasi attribuisce a questa espressione il significato di "niente" o di "nulla": un modo simbolico di prendersi gioco del pubblico e dei critici che lamentano l'insensatezza dei testi per giustificare il fatto di non capirci un'acca. Ma evidentemente non vi sarebbe stato nessun ulteriore stimolo di riflessione per l'osservatore, non presentando la copertina nessuna problematicità, nessun elemento di mistero sul rapporto fra la parola e l'immagine (il titolo e l'illustrazione). Quello che conta non è la lettera ma il carattere tipografico. A ciò si deve con molta probabilità la scelta della lettera "sbagliata" da parte dell'illustratore.


Vale forse la pena ricordare che nell'alfabeto del Greco antico e moderno i segni "H" e "E" sono accomunati dal suono: la maiuscola greca "H" è una "e" aperta [eta], diversa ma simile alla "e" semplice [epsilon] la cui maiuscola "E" è la vera antenata della "E" latina. Non sappiamo con esattezza come i greci pronunciassero la loro lingua, poiché quella che si ascolta nei licei classici è una pronuncia convenzionale e il greco moderno si è allontanato in modo irrimediabile dal suo nobile antenato. Sia l'una che l'altra rappresentano entrambe i segni con cui noi italiani articoliamo la vocale "e" (la prima chiusa e la seconda aperta). La distinzione tra Epsilon e eta, così come quella fra Omega ed Omicron, fa parte delle comuni reminiscenze scolastiche di chiunque abbia frequentato il liceo classico. Quel gran mucchio di conoscenze ammassate da un liceale sui banchi di scuola, come quelle "cataste scolastiche" che sembrano connotare l'immaginario metaforico del quinto album di Lucio Battisti.


Come in "Cosa succederà alla ragazza", anche "Hegel" abbonda di allusioni all'antichità, in particolare all'arte antica dei popoli Greci e Romani ma tali citazioni appaiono soprattutto come gli unici riferimenti culturali di due giovani liceali di cui sarebbe oggetto nelle canzoni. Ad essere più precisi questi riferimenti all'arte antica sembrano visti attraverso la lente del Neoclassicismo, ovvero di quella tendenza allo studio e all'imitazione dei classici antichi nell'arte fiorita verso la metà del diciottesimo secolo, coesistente e di poco precedente al Romanticismo. La categoria estetica del Neoclassicismo (movimento che iniziò con Winkelmann e che per certi versi finì prprio con Hegel) è sempre stata la "bellezza" espressa dalla perfezione e dall'armonia delle forme delle opere d'arte antiche greco-romane di cui si fa menzione in alcuni brani del disco.


La scelta di questa ambientazione metaforica, fra i riferimenti liceali all'antichità classica, sembra altrettanto pretestuosa che le allusioni alla fenomenologia hegeliana, nel senso che denota piuttosto la volontà di Panella di contrapporre il movimento arristico del Neoclassicismo al suo storico avversario, il Romanticismo, per alludere ad un epoca d'oro pre-sentimentale nella crescita dell'individuo. In sostanza, se il Neoclassicismo (nato da un rinnovato interesse per l'arte antica) dava importanza alla razionalità umana, il Romanticismo rivalutando la sfera irrazionale del sentimento rappresenta per Panella una metafora dell'abbandono al sentimentalismo caratteristico dell'età adolescenziale. Il razionalismo estetizzante del Neoclassicismo è preso come modello proprio per la sua costante contrapposizione con il Romanticismo, il quale tenendo a rappresentare fedelmente le più profonde e toccanti emozioni sarebbe un'ultima efficace metafora del sentimentalismo mogoliano.


I riferimenti all'arte antica greco-romana collegati al lessico scolastico, in uso in quasi tutte le canzoni, vengono dunque utilizzati da Panella per dipingere un percorso a ritroso fino all'origine dell'illusione sentimentale. All'emozione e al sentimentalismo romantici l'autore contrappone la bellezza e la razionalità neoclassica. Come se il "tu" delle canzoni fosse sempre la stessa, gli ultimi tre dischi di Lucio Battisti sono altrettanti periodici ritratti della disillusione sentimentale della sposa, ex-ragazza che fu a suo tempo il primo amore. Non a caso nel testo della sesta canzone si tratterà di prendere una carrozza anacronistica come una macchina per risalire il tempo. Un percorso a ritroso che con l'ultimo album è finalmente giunto al termine. Ma "lei" (l'ascoltatrice) vorrebbe invece continuare a vedersi ritratta nei dischi e se non tutta almeno l'inizio, quando lei fu la prima.


Nel brano di apertura l'io cantante sembra richiamare all'ordine l'ascoltatrice mettendola in guardia contro i sentimentalismi e l'emotività eccessiva espressi nelle canzoni. Perché la canzone stessa è una "stanza" del carattere che parla di "lei" e dei suoi atteggiamenti. Il viaggio interiore continua a ritroso nella memoria, nei ricordi adolescenziali evocati nel secondo brano Hegel, dove sembra piuttosto chiaro che si faccia riferimento a un amore liceale. In Tubinga il ricordo del primo amore riaffiora spontaneamente nella memoria dell'uomo maturo che immagina allora di tornare indietro nel tempo per cambiare anch'egli il proprio carattere, troppo introverso e remissivo.


Panella utilizza la filosofia hegeliana per esprimere metaforicamente il ricordo della bellezza dell'amata: tutta la bellezza del creato apparve al giovane liceale come riunita in un unico individuo, appunto La bellezza riunita. Ciò che resta dei primi amori non è il sentimento ma la bellezza. L'album non sarebbe dunque un ritratto dell'amata ma del suo ricordo, della bellezza di quei momenti vissuti assieme a lei.


Ugualmente, la prima canzone dell'ipotetico lato B (poiché "Hegel" fu pubblicato in formato Cd) contiene una piccola riflessione sulla bellezza classica del corpo statuario dell'amata rispetto al carattere passeggero della moda nell'abbigliamento giovanile. La moda nel respiro intreccia questa considerazione con il ricordo di un momento di intimità rubato alle ore di lezione. Anche il primo verso della sesta canzone (Stanze come questa) contiene un invito a tornare indietro nel tempo immaginando a tale scopo un mezzo di trasporto in grado di condurci nel passato. Esistono luoghi del tempo che sono anche luoghi (stanze) della coscienza e dell'animo: nella stanza del carattere a limitarci sono le idee e i pregiudizi, che imponiamo a noi stessi. Il settimo brano descrive in modo inequivocabile la fine di una relazione: Ma come abbiamo già accennato nell'introduzione, la rottura di questo rapporto sentimentale, dovuto a motivazioni di tipo estetico, può anche essere interpretato in chiave riflessiva basandoci sul fatto che Estetica è l'unico testo della raccolta nel quale il "tu" non è connotato sessualmente. Infine, l'album si conclude con una riflessione sul rapporto tra il linguaggio espressivo del volto e il linguaggio parlato. La voce del viso sembra alludere all'incontro, dopo anni, e al riconoscimento del volto di colei che fu il primo amore.


(Alexandre Ciarla - Da Don Giovanni a Hegel)


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